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Il Mito di Diana e Atteone: echi culturali e architettonici a Ortigia

Al centro di Piazza Archimede a Siracusa, la Fontana di Diana rappresenta un punto di incontro tra la leggenda e l'urbanistica di Ortigia. Eretta tra il 1906 e il 1907, l'opera di Giulio Moschetti si ispira al mito di Aretusa, ma è solo uno degli esempi di come la mitologia greca sia penetrata nella cultura visiva della città. Un altro racconto antico, quello di Diana e Atteone, offre una visione simbolica delle dinamiche tra divinità e mortali, essendo uno dei miti più rappresentati e discussi nel corso dei secoli.


Dettaglio della Fontana di Diana a Ortigia
Dettaglio della Fontana di Diana a Ortigia

Il Mito di Diana e Atteone: una tragedia della curiosità


La tragedia di Atteone inizia durante una normale battuta di caccia, quando il giovane principe si allontana dai suoi compagni. Atteone, figlio di Aristeo e di Autone, viene descritto come un abile cacciatore, ma è la sua curiosità a segnare il suo destino fatale. Mentre cerca una via d'uscita dal bosco dove si era perso, inciampa in una radura segreta dove trova una grotta con un laghetto al cui interno la dea Diana si sta bagnando nuda con le sue ninfe.


La visione di una dea in tale stato di vulnerabilità scatena una serie di eventi tragici. Diana, sorpresa e indignata dall'intrusione, reagisce con una maledizione fulminea: spruzza Atteone con l'acqua della fonte, trasformandolo in un cervo. In questo nuovo corpo, Atteone fugge terrorizzato, ma la sua fine è segnata dai suoi stessi cani, che lo inseguono e lo sbranano, non riconoscendo il loro padrone ma vedendo solo una preda.


Mentre Diana si bagnava così alla sua solita fonte, ecco che il nipote di Cadmo, prima di riprendere la caccia, vagando a caso per quel bosco che non conosceva, arrivò in quel sacro recesso: qui lo condusse il destino. Appena entrò nella grotta irrorata dalla fonte, le ninfe, nude com’erano, alla vista di un uomo si percossero il petto e riempirono il bosco intero di urla incontrollate, poi corsero intorno a Diana per coprirla con i loro corpi; ma per la sua statura, la dea tutte le sovrastava di una testa. Quel colore purpureo che assumono le nubi se contro si riflette il sole, o quello che possiede l’aurora, quello apparve sul volto di Diana sorpresa senza veste.” (Ovidio, Le Metamorfosi, Libro III)

Fontana di Diana, Siracusa: tra arte e mitologia
Fontana di Diana, Siracusa: tra arte e mitologia

Interpretazioni culturali e artistiche del mito


Il racconto di Ovidio, che dettaglia l'incontro fatale tra Atteone e Diana, è stato interpretato in vari modi attraverso i secoli, riflettendo le ansie e le ideologie delle diverse epoche. Nella letteratura, il mito è stato utilizzato per esplorare temi di invasione della privacy, castigo divino e la tragica ironia del destino. Personaggi come Boccaccio e Petrarca hanno reinterpretato questa storia, adattandola ai loro contesti culturali e personali, spesso utilizzando Atteone come metafora della vulnerabilità umana di fronte ai capricci del destino o della passione amorosa.


Nelle arti visive, il mito di Diana e Atteone è stato spesso rappresentato con una gamma emotiva che va dall'erotico al tragico. Mentre alcune opere pittoriche si concentrano sul momento del bagno di Diana, esplorando temi di nudità e voyeurismo, altre illustrano la cruenta fine di Atteone, offrendo una meditazione visiva sulla brutalità e l'inevitabilità della punizione. Queste rappresentazioni non solo narrano un evento mitologico, ma invitano anche a riflettere sulle dinamiche di potere, sulla sacralità della privacy e sulle conseguenze delle azioni umane.


Il mito di Diana e Atteone, quindi, oltre a essere un racconto di antica moralità, serve come strumento per esaminare questioni contemporanee di confine e transgressione, continuando a essere un soggetto ricco di significato e di ispirazione artistica e letteraria.

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